Il T.A.R. Marche, il Tribunale ordinario di Cagliari e quello di Reggio Calabria hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) e come modificato dall’art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida).
La vicenda trae origine dall’impugnazione del provvedimento del prefetto di revoca della patente di guida a seguito di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale nei confronti del soggetto ricorrente.
Il T.A.R. Marche ha ritenuto, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, che l’art. 120, comma 2, d.lgs. n. 285/1992 (Nuovo codice della strada) contrastasse con gli artt. 3, 4, 16 e 25 cost. lì dove dispone che il prefetto “provvede” anziché “può provvedere” alla revoca della patente nei confronti di coloro che sono stati colpiti da una misura di prevenzione ai sensi del c.d. Codice antimafia. Tale disposizione prevede, quindi, un automatismo della revoca della patente per coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione impedendo “di fatto all’interessato di svolgere attività lavorativa lecita per tutto il periodo in cui egli è sottoposto alla sorveglianza speciale (il che rende la misura ancora più gravosa di quanto abbia inteso configurarla il giudice penale)”. Identica questione, sostanzialmente, è stata sollevata dai due tribunali ordinari dinanzi citati.
Di seguito si riportano i punti principali della pronuncia n. 99 del 6 maggio 2020 della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale ritiene la questione fondata.
“Il novellato art. 120 cod. strada, sotto la rubrica «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116», nel suo comma 1, menziona, tra i soggetti che «[n]on possono conseguire la patente di guida» anche «coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423», recante «Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità» (legge poi abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera a) del già citato d.lgs. n. 159 del 2011, che ha disciplinato ex novo le misure di prevenzione). E dispone, al comma 2, che «se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida»”.
La Corte Costituzionale ha osservato che “le categorie dei destinatari delle misure in questione (…) restano assai variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune. Possono essere, infatti, sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravità – che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale – ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» (art. 1, lettera b, del d.lgs. n. 159 del 2011). E tale diversità delle fattispecie, che rilevano come indice di pericolosità sociale, coerentemente si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011). Dal che, anche riguardo a tali misure, l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, cod. strada, che ricollega in via automatica a tale varietà e diversa gravità di ipotesi di pericolosità sociale, l’identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest’ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento, nel caso in cui l’utilizzo della patente sia funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011. Per il vulnus che ne deriva all’art. 3 Cost. (assorbita restando ogni altra censura), la disposizione denunciata va, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti sottoposti alle misure di prevenzione personale di cui al d.lgs. n. 159 del 2011. Il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga”.